DigniCap è in fase di sperimentazione all’Istituto Europeo di Oncologia a Milano. E’ un casco prodigioso, in quanto fermerebbe la caduta dei capelli, semplicemente abbassando la temperatura del cuoio capelluto e limitando la perdita dei capelli.
E’ ancora in fase di sperimentazione, ma secondo i primi risultati, DigniCap potrebbe cambiare la vita delle donne che si devono sottoporre alla chemioterapia per curare un tumore. E’ una innovazione, perché si sa che il primo segno della chemioterapia è la perdita dei capelli. Il caschetto DigniCap, invece, sarà in grado di limitare questo danno agendo sui bulbi piliferi del cuoio capelluto, riducendo quindi la perdita dei capelli. Ma come funziona questo macchinario così innovativo? Semplicemente, refrigerando il cuoio capelluto.
DigniCap è stato testato, per il momento, su 30 donne che soffrono di tumore al seno e che sono sottoposte a un trattamento a base di epirubina e ciclofosfamide. E’ uno dei protocolli più comuni, ma anche più dannosi per quanto riguarda la perdita dei capelli, tanto da definirlo molto alopecizzante. Ebbene, la percentuale di successo è stata dell’85%: 25 pazienti hanno avuto una caduta dei capelli di poco meno del 50% della capigliatura originale, e, cosa importantissima, il danno non si percepiva minimamente dal punto di vista estetico.
Il macchinario è costituito, in sostanza, da una apparecchiatura collegata a due caschetti refrigeranti, da indossare prima, dopo e nella fase dell’infusione della terapia, in modo che il sistema avanzato di raffreddamento possa proteggere le cellule dei bulbi piliferi da questi trattamenti aggressivi. Si è studiato che il freddo diminuisce la perfusione del sangue oltre che il metabolismo, essendo il macchinario studiato per mantenere la temperatura costante tra i 3 e i 5 gradi. Di conseguenza, si riducono i danni da chemioterapia.
Ovviamente, il raffreddamento avviene in maniera graduale, in modo da causare meno disagio possibile e mantenere stabile il tutto, garantendo maggior efficacia.
Questo sistema è in attesa dell’approvazione definitiva da parte dell’organo di controllo americano, ossia della Food and Drug Administration, ma è bene ricordare che Gran Bretagna e Francia lo stanno usando con successo. Resta da vedere se l’Italia dà l’ok per vederlo tra le corsie.
via: http://www.wired.it
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